Peter Lodato nasce a Los Angeles, studia e si forma nelle scuole e nelle Università californiane di metà anni ’60; inizia la sua esperienza lavorativa in California e specificamente nella California del Sud.
Questo significa molto nella sua esperienza artistica e di vita. Ricordiamo anche che alla metà degli anni ’60 iniziano a prendere consistenza tutti i movimenti politici e studenteschi centrati sulla non violenza, sulla lotta alla guerra del Vietnam e sulle tematiche dell’apartheid dei Neri americani. Questo incredibile mix di idee politiche e sociali, in uno con la realtà circostante fatta di spazio e luce, ha forgiato una personalità che ha saputo confrontarsi con tutte queste tematiche ed elaborarle in chiave artistica in modo eccellente.
E soprattutto Lodato investiga la tematica della visione in rapporto allo spazio nel senso che la “visione” contiene in sé un paradosso: “promette il mondo ma rimane frustrantemente parziale” (Merleau-Ponty in The Primacy of Perception) in quanto limitata dalla condizione della realtà fisica. La visione perciò è illusione; essa è ben lontana dall’essere perfetta perché, pur offrendo la verità della realtà portata immediatamente a livello di consapevolezza, offre nel contempo anche irrealtà ed errore. L’ambiguità contenuta nella visione è quello che Lodato analizza e sperimenta. (Cynthia Penna Simonelli)
La Sala Dorica di Palazzo Reale a Napoli accoglie per la prima volta le opere dell’artista Mario Sangiovanni nella mostra "Paesaggio Flegreo".
Dal 29 marzo al 29 aprile 2012 la personale, curata da Patrizia Di Maggio e Daniela Ricci, è stata progettata come un racconto nel tempo e presentata come in un album di fotografie.
Circa cinquanta opere, tra dipinti e grafiche, propongono il legame vivo e tangibile con i luoghi, che l’artista osserva con sensibilità, tentando di recuperare il proprio vissuto in una dimensione memoriale.
Porti, strade e case di Pozzuoli, dove Sangiovanni vive e lavora, analizzano la vita, talvolta resa fragile e debole dalla contemporaneità, attraverso il paesaggio vissuto come espressione della propria interiorità, ricco di sensazioni che passano dal quadro allo spettatore.
«La pittura di Mario Sangiovanni è severa, robusta, essenziale» scrive nel catalogo della mostra, Patrizia Di Maggio. «I volumi sono solidamente costruiti, racchiusi dalla linea di contorno evidente, dominante; il colore è spesso, corposo, applicato per stesure successive, con ampie pennellate».
«La coordinazione compositiva delle singole parti della realtà diventa l’insieme nella sua rappresentazione geometrico figurale» puntualizza Daniela Ricci. «I paesaggi di Sangiovanni, portando echi di un primitivismo essenziale ricco di valori, intendono anche sottolineare problematiche sociali e naturali per lottare contro l’ansia che la nostra società dei consumi ci impone …».
Una storia nella storia, dove il paesaggio riflette immagini reali fermate in un tempo indefinito, introspettivo, spaziando tra abitati urbani, fabbriche dismesse e ambienti solitari, specie all’alba o all’imbrunire, quando la sensibilità dell’artista coglie forme ed ombre suggestive ed eloquenti.
Il Museo del tesoro di San Gennaro a Napoli, pur esponendo opere e testimonianze della grande civiltà di un popolo millenario è un museo giovane. E’ stato inaugurato grazie anche al contributo dei fondi della Comunità europea, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici, la Soprintendenza Beni Artistici e Storici e la cui realizzazione e gestione è stata affidata alla Pg Video srl di Napoli, ma ha già al suo attivo un interesse internazionale ed un’affluenza record.
Si tratta di un Polo Museale di altissimo valore storico artistico, culturale e spirituale dedicato alle straordinarie opere appartenenti al Tesoro di San Gennaro, sinora mai esposte, ed alla bellissima Sacrestia con gli affreschi, tra gli altri, di Luca Giordano ed i dipinti del Domenichino e di Massimo Stanzione.
Antichi documenti, oggetti preziosi, argenti, gioielli, dipinti di inestimabile valore, facenti parte del Tesoro di San Gennaro che, nel corso dei secoli, sovrani, papi, uomini illustri o persone comuni hanno donato per devozione al Santo, hanno trovato e troveranno in questa sede una propria collocazione e soprattutto consentiranno, in varie fasi, l’allestimento di mostre tematiche rare e straordinarie.
Il percorso museale è accompagnato da un itinerario sonoro che parte, nella prima sezione, dalle voci dei vicoli di Napoli, a sottolineare la forte appartenenza e aderenza con le radici della città, per poi articolarsi in una preghiera a San Gennaro nella sezione in cui sono esposti i busti d’argento dei compatroni che accompagnavano la processione di San Gennaro e, nella terza sezione, dove è esposto il reliquario del sangue donato nel 1305 da Carlo d’Angiò e che ancora oggi trasporta le ampolle del sangue in processione, è il canto evocativo delle parenti di San Gennaro a raccontarci il miracolo della liquefazione. Nella quarta sezione, invece, sono protagonisti i canti antichi sacri del ‘600. Al secondo piano si accede alle Sacrestie, mai aperte al pubblico per quattro secoli e che oggi, grazie al museo, è possibile ammirare in tutta la loro straordinaria bellezza con i marmi pregiati, i dipinti di Massimo Stanzione, di Dominichino, di Luca Giordano. Nelle nuove sale del terzo piano, allestite per l’occasione, sono esposti i leggendari gioielli: le undici straordinarie meraviglie del Tesoro dedicato al Santo protettore di Napoli (a detta degli esperti una delle collezioni più ricche del mondo assieme alla Corona d’Inghilterra e al Tesoro dello zar di Russia) che si aggiungono all’ esposizione permanente degli argenti del Museo del Tesoro di San Gennaro. L’allestimento della mostra è un vero e proprio viaggio nel tempo tra le bellezze e le radici di Napoli, tra i vicoli e i colori dei mercati, tra i volti degli emigranti e quelli del popolo in attesa del miracolo, tra la processioni di New York e quella di Napoli, con sonorizzazioni, immagini, voci, emozioni, che si rincorrono tra le sale dove emergono dal buio solo le luci splendenti dei gioielli più preziosi del mondo.
Centocinquanta audioguide in italiano, tedesco, inglese, francese e spagnolo, comprese nel costo del biglietto, oltre al supporto delle hostess, sono in grado di offrire una puntuale e precisa spiegazione del percorso museale. Adiacente al Museo è ovviamente la Real Cappella del Tesoro di San Gennaro, gioiello universale del barocco. Il Museo del Tesoro di San Gennaro ha inoltre stipulato una serie di convenzioni con le quali, acquistando un biglietto unico integrato, è possibile visitare anche la Quadreria del Pio Monte di Misericordia, gli Scavi archeologici del Duomo, la basilica di Santa Restituta e l’abside angioino del Duomo e usufruire delle audioguide all’interno della Real Cappella del Tesoro.
L'opera è firmata in basso a sinistra: "A. Chiancone". Firma e data a tergo.
"Ho sempre considerato Alberto Chiancone una specie di Gioacchino Toma dei tempi nostri; ma egli alla spiritualità dell’autore della «Sanfelice in carcere» aggiunge qualcos’altro, e cioè una modernità di accenti ed una spontanea eleganza, virtù coteste che gli consentono di affrontare qualsiasi «motivo», sia pure i più comuni del vedutismo napoletano, senza farlo mai cadere nella banalità del vero o del «pittoresco» o del volutamente cerebrale, che è poi un altro aspetto dell’insincerità artistica. Sono tanti anni che conosco e seguo Chiancone: non l’ho visto mai, nemmeno nei momenti di crisi o di sfiducia, deviare dal suo cammino: ne abiurare la tradizione per apparire «aggiornato» o come suol dirsi, stupidamente, «pittore del proprio tempo». Come se il pittore, dice bene Oppo, subisse il proprio tempo soltanto da un lato esteriore ed ottico. Il suo impressionismo, sorretto dal senso della forma come quello di alcuni grandi pittori dell’ottocento italiano e francese (Fattori, Renoir, Degas) si è arricchito di mano in mano dal punto di vista sia della luce che della bella materia pittorica, realizzando, quel che più conta, atmosfere spirituali e poetiche che potrebbero trovare il loro riscontro nelle pagine di uno scrittore intensamente meditativo. Alberto Chiancone è un uomo attento e pensoso; e tale è anche la sua pittura, che tende a penetrare, con un gusto quasi psicologico, personaggi e paesi, mettendone in luce soprattutto gli aspetti interiori, e certe particolarità del carattere come la tendenza al sogno o alla meditazione, all’idillio o alla nostalgia. Prende delle «signorinelle» napoletane, e ne fa le protagoniste di un romanzo o di un racconto che forse Guy de Maupassant avrebbe scritto; le sorprende in un club esistenzialista, tutte intente a prodigarsi in un ballo sfrenato, oppure in un momento di riposo o di abbandono alla malinconia, e tali ce le ripresenta sulle sue tele, non senza qualche lieve accenno all’ironia ed alla caricatura. Comprende profondamente la loro tristezza e la loro ansia di vivere. Quasi con uno stesso sentimento egli affronta i paesaggi, sia quelli di Napoli che dei dintorni; poiché i «paesi» per lui sono «personaggi» che hanno i loro umori buoni o cattivi, e che potrebbero raccontare storie di giornate di sole o di pioggia, di esultanza e di tedio. Qui Chiancone opera nel suo elemento, con una libertà illimitata, e descrive ed accenna con la vena di un poeta elegiaco, illuminando cieli densi di nebbia, velieri nel porto, contadini intenti alla potatura, trattorie di campagna, mattinate estive, ove circola sempre quel sottilissimo filo di poesia crepuscolare che riesce a tramutare un «paese» in un personaggio".
Piero Girace, dalla presentazione al catalogo della personale alla galleriaMediterranea, Napoli, 1962.
Mostra personale di Goffredo Godi: "Paesaggi mediterranei" all'Istituto Italiano di Cultura di Strasburgo dal 19 aprile al 18 maggio 2012. Presentazione di Stefano Gallo, docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Organizzazione e coordinamento: Association Culturelles Autre Italie. La mostra sarà accompagnata dalla pubblicazione di un catalogo con testi tradotti in alcuni dei principali idiomi europei.
A me sembra che chiunque sia posto di fronte ai dipinti di Godi, alle sue piccole tele dai vivaci colori sulle quali affiorano sintetiche raffigurazioni del mondo, non possa sottrarsi a un certo sentimento d’incanto. È la sorpresa, la meraviglia e subito dopo il senso un po’ di mistero che si prova per quanto riesce a catturarci, a farci preda di una diversa visione, di un diverso pensiero. È quel che succede sempre di fronte alle opere d’arte, di qualsiasi concezione e fattura esse siano l’esito: dalle più astratte o concettuali a quelle al contrario, come i dipinti di Godi, più vicine alla riconoscibilità del mondo visibile che ci circonda; ma a condizione che vi sia quel qualcosa che chiamiamo arte, che è in grado di trasferirci in una dimensione simbolica o immaginaria dell’esperienza. I quadri esposti in questa mostra rappresentano bene i soggetti cari al maestro. Vediamo soprattutto paesaggi, poi nature morte e rappresentazioni di persone nella natura. Ma compaiono anche due dipinti nei quali le figure sono state sottoposte a processi d’astrazione che hanno consentito la costruzione d’intrecci dinamici. Già questo aspetto, quantitativamente secondario nell’attività di Godi, che si è voluto tuttavia documentare, lascia intendere che la formazione del suo linguaggio è stata più stratificata di quanto a un primo sguardo potrebbe apparire. Ma anche un’osservazione attenta dell’insieme delle sue opere non può non stimolare chi le guarda a interrogarsi sull’apparente semplicità d’espressione di cui esse si avvalgono. Il fatto è che l’immediatezza con la quale le immagini di Godi giungono al fruitore trae in inganno. L’immediatezza degli effetti suggestiona, coinvolge, allieta; e insieme nasconde il linguaggio che tali effetti genera. La semplicità apparente del linguaggio di Godi risiede in un peculiare uso della lezione astratta che recupera l’elementarità di stesura del colore e la sua struttura frammentaria per ottenere effetti mimetici di più intensa e immediata ricezione. Se si osserva una qualsiasi delle opere in mostra, per esempio Barche di pescatori, ci si accorge che la forza rappresentativa del quadro è generata proprio dalla frammentaria costruzione per piani di colore sia degli spazi, sia degli oggetti in esso disseminati, sia dell’ambiente naturale nel suo insieme. La viva immediatezza della scena in fondo non deriva dalla facile riconoscibilità dei diversi motivi figurativi, ma dalla rapida sintesi dei distinti piani di colore secondo cui Godi realizza la rappresentazione. È questa struttura di segni, che rimane nascosta a chi si lascia catturare solo dal loro esito raffigurativo, a nutrire le rappresentazioni di Godi del loro spirito felice, che, contiene in sé tanto il sentimento dell’eterno che il presentimento della fine. Dal punto di vista della storia dell’arte, direi che il “naturalismo fremente” della pittura Godi si differenzia sia dai modi dell’Impressionismo che dell’Espressionismo. Dai primi, perché non si serve della sintesi ottica dei colori. L’immediatezza visiva delle sue forme essenziali e vivaci è data dalle relazioni sintetiche che si stabiliscono tra i diversi piani di colore, senza mai pervenire a soluzioni di fusione. Anche il riferimento all’esempio di Cézanne non calza bene, perché ciò che caratterizza i quadri di Godi è il risalto intenso dei particolari della veduta. Se si guarda, per esempio, la Natura morta del 2006, immediatamente si è richiamati dalle dissonanti stesure cromatiche delle quali sono fatti i frutti e gli ortaggi alla percezione della loro esistenza. Allora si penserebbe alla presenza nella sua pittura di una carica espressionista. Ma si faccia il confronto con Soutine e ci si renderà conto che la soggettività con cui Godi si avvicina ai suoi motivi nulla ha a che fare con la volontà di stravolgerli da cima a fondo con l’impeto di un pathos interiore. Le sue rappresentazioni lasciano avvertire una vibrazione, direi un tremito esistenziale; ma è tutt’altra cosa rispetto al ruolo che la manifestazione dell’interiorità gioca generalmente nell’Espressionismo. Guardiamo Godi dipingere. Che cosa ci mostrano le sue vedute? Che cosa guardando e dipingendo, guardando sempre col pennello alla mano, ci ha fatto vedere? Quel sorriso incantato di Godi non prelude ad una pittura che effonda sentimento, ma neanche a una distaccata osservazione. L’artista vuol cogliere qualcosa del mondo cui guarda, qualcosa della vita che si nasconde in esso, più in profondità della superficie delle cose, dove l’uomo possa trovare il nutrimento per sé perché di quella vita anch’egli è parte. È un vedutismo dunque che ha una motivazione e una guida spirituale, ma che sa di dover cercare guardando, senza avvicinarsi troppo ai motivi per non riversarvi un sentimento di origine soggettiva, senza rimanere troppo lontano da essi per non perdere la ragione umana di quella osservazione. La mia impressione è che Godi facendo parte di quell’esperienza – e di quella cultura – che ha attraversato la guerra e le si è proiettata oltre rimanendone segnata, ha sentito che prima dell’essere c’è l’esistere, che all’essere l’uomo può giungere solo passando tra i sentieri dell’esistere, che il nutrimento dell’eternità della natura dunque, e il nutrimento che questo sentimento può dare, si possono attingere avvertendo a fondo quanto tutto sia “esposto” al divenire. E trasferendo questo in pittura, a me pare che quel contatto con la vitalità del colore-materia, cioè quell’assimilazione d’una essenza di Informale rielaborata nella resa dell’immediatezza vitale della veduta, sia l’altra faccia di tale sua matrice – per esperienza di vita – “esistenzialista”.
Di Admin (del 13/04/2012 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 2735 volte)
{autore=capaldo rubens}
Uomo serio, attento, affronta i problemi dell'arte con umiltà e senza mai fermarsi a contemplare il già fatto, come in uno specchio. (Angelo Trimarco).
L'opera è firmata e datata in basso a sinistra: "Capaldo R. 1964 Roma ". A tergo: cartiglio e timbro Galleria Mediterranea e cartiglio Mostra Promotrice "Salvator Rosa" del 1965. [...] mi soffermo nella "Piazza del Popolo" che mi appare, nella sua fosca colorazione come una scena dove dovrà svolgersi un dramma e, per associazione di idee, mi ricordo di Scipione. (Pietro Girace).
L'opera è firmata e datata: "Capaldo R. 1965 ". Cartiglio e timbro Galleria Mediterranea a tergo. InRubens Capaldo, si nota una robusta compattezza formale. Le figure dominano interamente il diagramma immaginativo, ne sono il motivo di centro. (Elia Bruno).
Rubens Capaldo, uno dei pittori napoletani più personali della sua generazione, è di quelli che sono restati fedeli alla loro originaria ispirazione e che, col passare degli anni, vanno sempre meglio affinando e approfondendo senza mai scostarsene con l'intento di seguire altre vie che non siano quelle proprie e individuali.
Egli ha assorbito dalla cultura di oggi soltanto quegli stimoli e quegli apporti più idonei a nutrire la sua stessa ispirazione.
Così che la sua figurazione (da autentico e consistente pittore figurativo) pur essendo quella di sempre presenta un suo spicco più intenso ed intimo. Nelle sue opere alle formulazioni plastiche (dove rivivono le patine dei bronzi ercolanensi, appena variegati dalla salsedine marina) corrisponde un chiaroscuro intriso di colori in un rovello di segni che paiono scavati col bulino.
Capaldo così rileva più da presso l'immagine identificandola con il fondo mediante l'identico trattamento cromatico, dove la luce e i valori atmosferici avviluppano la scena senza il minimo distacco.
Così che è raggiunta, in quel fluido di ruggine dorata, una vibrante unificazione plasmata in una forma fremente di accenti colorati e di elementi chiaroscurali.
Si avverte ancora, in Capaldo l'inseparabile legame con la scuola napoletana (Mancini) a cui si accompagna la presenza della fermentante tavolozza di Luigi Crisconio, con l'esito talvolta di personali innovazioni dovute ad altra temperie emotiva.
Nei paesaggi poi, nelle vedute di contrade marine, nelle nature morte, nei fiori, Capaldo investe il suo innato naturalismo con un velo d'aria e con un arretramento più di tempo che di spazio, conferendo alla natura un magico sentimento nostalgico, in cui l'attuale definizione di luoghi è trasposta in un'età traslata e tanto più amabile di quella attuale.
C'è da attendersi nell'opera e nell'impegno di questo pittore un processo di sublimazione così dei ricordi come delle forme attuali in stretta corrispondenza con il suo temperamento poetico, nella sempre più avvincente intesa tra il mondo della percezione e quello della fantasia.
La sua posizione è forse la più singolare di quelle dell'attuale panorama della pittura napoletana ed è rivolta all'avvenire senza per questo rinnegare le acquisizioni di un recente passato anzi fornendole di un affettuoso consenso nella sua propria testimonianza di consanguineità, di partecipazione, pur essendo egli ben fermo nelle sue spiccate singolarità.
Di Admin (del 11/05/2012 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 2628 volte)
STORIA DI NAPOLI ILLUSTRATA. Una terra si racconta.
(Aa.vv. In 6 fascicoli: 1° Dai popoli preellenici al mito della Sirena. 2° Da Cuma alla fondazione di Neapolis. 3° La città greca. 4° Napoli romana. 5° Napoli romana seconda parte. 6° Napoli bizantina e il ducato autonomo. Ed. Altrastampa 1997, fascicoli In-folio, brossure, ca. 50 pp. a fascicolo)
ERRICO RUOTOLO "Mercato" tecnica mista 24x36 cm. 1997
Non so se l'interesse degli italiani per la storia sarà ridestato, nel lungo periodo, dalla riforma con cui il ministro Berlinguer ha introdotto un ruolo particolare di questa disciplina (segnatamente per le vicende contemporanee) nel contesto dell'insegnamento scolastico. So per certo che iniziative come quelle di Altrastampa Edizione sulla storia di Napoli vanno nella direzione giusta per tutta una serie di ragioni che cercherò di illustrare nei limiti di spazio consentiti:
a) - perché si tratta di avvenimenti, personaggi, testimonianze artistiche culturali ed umane di grande bellezza e di straordinario fascino, se non altro per il fatto che la nostra città conta quasi trenta secoli di ininterrotta, prodigiosa presenza come non si può dire neppure per Roma né per qualsiasi altra metropoli dell'antichità;
QUINTINO SCOLAVINO "Tempio di Hera alla foce del Sele", tecnica mista 36x24 cm. 1997
b) - perché è importante che i lettori napoletani di ogni età, e particolarmente i più giovani, apprendano la storia della loro città come un modo serio, profondo, emozionante di ritrovare le loro radici, di appropriarsi della loro identità, di dare un contenuto alla loro appartenenza. Personalmente ho sempre deplorato e continuo a deplorare l'assenza di una cattedra di storia di Napoli all'interno della Facoltà di Lettere;
c) - perché è giusto che i lettori italiani di tutte le regioni, comprese ovviamente quelle influenzate dalla delirante predicazione secessionista della Lega padana, imparino a conoscere, a rispettare e ad apprezzare l'enorme patrimonio storico e culturale dell'antica capitale del regno delle Due Sicilie;
MARIO PERSICO "Diotimo dà inizio alla gara", tecnica mista 36x24 cm. 1997
d) - perché l'iniziativa di Storia di Napoli Illustrata coincide con un recupero da parte di Napoli e dei napoletani della consapevolezza e dell'orgoglio della loro storia, quel recupero a proposito del quale si è parlato addirittura di una rinascenza;
e) - finalmente e soprattutto perché il piano editoriale dell'opera ideato da un editore coraggioso e curato da un esperto ed intelligente scrittore quale è Nino Leone, è stato concepito e realizzato con una visione globale della storia napoletana, sia per il corredo iconografico coordinato da un'autorità del settore, il professore Gianni Pisani, direttore dell'Accademia di Belle Arti di Napoli, sia per la ricchezza dell'analisi condotta in forma divulgativa ma aperta a tutti gli aspetti della vita cittadina che in ogni periodo hanno contribuito sostanzialmente a determinare la sorte, il costume, la moralità stessa degli abitanti.
SALVATORE VITAGLIANO "Il Teatro", tecnica mista 36x24 cm. 1997
È un criterio storiografico molto moderno e sagace, anche perché ci richiama ad una verità indiscutibile e cioè che a fare la storia non sono soltanto gli uomini grandi, i conquistatori, i potenti, ma tutti gli uomini e le donne, dalla più umile condizione alla più eccelsa. Buona lettura, dunque, e buon divertimento (nel senso più ampio e nobile della parola) a chi si accinge a tuffarsi nei fascicoli di Storia di Napoli Illustrata. ANTONIO GHIRELLI
CARMINE DI RUGGIERO "San Gennà aiutaci tu...", tecnica mista 40x30 cm. 1997
Di Admin (del 14/05/2012 @ 00:00:01, in Arte News, linkato 4903 volte)
{autore=barisani renato}
Autore: RENATO BARISANI (1918 - 2011) Titolo: RITRATTO DI DONNA Tecnica e superficie: OLIO POLIMATERICO SU TAVOLA Dimensioni: 101 x 82 cm Anno: 1964
L'opera riporta firma, titolo e data a tergo. Cartiglio galleria "Il Centro". Autentica dell'artista su foto Pubblicata in b/n a pagina 216 su: "Renato Barisani. Opere 1940 - 1975" di Enrico Crispolti. Magma Edizioni. Roma, 1976. Edito in occasione della personale retrospettiva di Barisani nel Palazzo Reale di Caserta.
il Vernissage - Sabato 02 giugno 2012 si terrà, presso lo
Studio Primo Piano, Corso Umberto I, n'179, Caivano (Na) (ore 19,00)
Un’iniziativa che propone e mira alla sensibilizzazione del “riciclo dei materiali”, che pur avendo avuto una partenza in sordina due anni or sono, anche da parte dei media, ora vede un ampio coinvolgimento del territorio e degli artisti, pronti a contribuire ad un progetto per una normale fruizione quotidiana dell’arte e non come sporadici eventi. Una quotidianità delle persone che non sia fatta solo di stati di emergenza per la salvaguardia del territorio vedendo i nostri luoghi invasi di“monnezza”, ergo le azioni artistiche hanno un ruolo non solo di visione ma di incidenza su un normale quotidiano attento al “riuso della bellezza in disuso”.
Studio Primo Piano intende essere uno spazio libero (indipendente/no-profit) al servizio di giovani artisti che esprimono le loro opinioni con le loro opere, un percorso che da voce in un “modo artistico”, che apre uno spiraglio di speranza per i giovani artisti emergenti del territorio e non solo.
Il titolo della Mostra(non)sonoè preso in prestito da un’ opera del Maestro Stelio Maria Martini fatta in collaborazione con Tonino Raucci ed esposta in questi giorni a Milano, loro insieme a Maurizio Esposito hanno curato la mostra e l’allestimento è curato da Maria Rosaria Di Segni.
La Mostra si avvale di opere di artistidi chiara fama come: Orazio Faraone di Caivano (1931-1995) che dal 1962 ha svolto un’ininterrotta attività espositiva in diverse mostre personali e collettive. In seguito è andato sempre più integrando la propria ricerca con scritti ed interventi critici, arrivando ad operare in un dominio propriamente di frontiera tra pittura e scrittura,inoltre ha collaborato con Stelio Maria Martini perle opere “Specchio autologico” e “Una labile consistenza”, ed altro.
In questa collettiva è accompagnato dagli artisti: Maurizio Esposito, Tonino Raucci, Antonio Palmieri, Carmina Esposito, Manfredi Del Prete, Mimmo Maria eOrnella De Martinis che, riutilizzando i materiali poveri, combattono alcuni eccessi derivanti dalla società consumistica. Giunti con spirito spontaneo ed indipendente alla terza edizione, gli organizzatori vedono una crescente platea o per ben direanime sensibili al tema trattato, ma anche appassionati d’arte o semplici curiosi, attirati dall’idea di vedere opere realizzate riciclando materiali.
Da tempo oramai vediamo che, in molti angoli culturali, l’arte esonda dai tradizionali circuiti artistici e si infila un po’ ovunque come un blob, trasformando per un giorno o più molti dei negoziin veri e propri concept store, luoghi in cui oltre a offrire dei servizi, tutto può accadere.
Ci sarà inoltre uno spazio live “Evening Dance” con performance di “Tango” .… pezzi di vita scomposti vorticano, un unico abbraccio, la musica diventa carne… con il duo Graziano Di Segni e Rosa Di Nocera , con orario 20,00 - 21,00 - 22,00
Quindi una Mostra d’Arte Contemporanea dal parrucchiere, un’idea originale per esporre l’arte fuori dai “santuari” consolidati e testimoniare che ogni luogo può essere permeato dall’arte che “datur omnibus” si concede.
La Mostra sarà visitabile dal 2 fino al 30 Giugno 2012,dal martedi al sabato presso: Studio Primo Piano in C.so Umberto,179a Caivano Na Tel:081 8318489