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Marciano Arte. L'opera della settimana è di Giustino Calibè
Di Admin (del 06/05/2010 @ 12:33:57, in Arte News, linkato 1349 volte)
{autore=calibe giustino}


Autore: GIUSTINO CALIBE' (1950)
Titolo: CROCIFISSIONE
Tecnica e superficie: OLIO SU TAVOLA
Dimensioni: 88,5 x 68,5 cm

La pittura improbabile”. Arcangelo Izzo nel 1995

 

La pittura di Calibé è improbabile perché le verità assolute appartengono solo ai dogmi, mentre in arte non c’è soluzione per chi voglia anzitutto garantire il suo cammino o restare ad ogni istante giusto e padrone assoluto di se stesso ; perché in ogni singolo artista il modo di essere dell' uomo è ambiguo nel senso che non è né soggettivo, né oggettivo.

L' improbabilità allora non vuoi dire che la concettualità e l’action dell’artista siano confuse e incer­te, ma vuoi indicare che ogni attività umana, e soprattutto la creatività, include necessariamente l’esperienza soggettiva, che ha in se l’oggetto, e l’apparire in un oggetto, che risulta costituito da operazioni soggettive, come più o meno suggerisce Merleau-Ponty, il quale fa rivelare, inoltre, come nessun lato dell’oggetto si mostra se non nascondendo attivamente gli altri, denunciandone l’esistenza nell’atto di nasconderli.

Perciò vedere è, per principio, vedere e far vedere più di quanto si veda; accedere e far accedere non ad una mancanza, ma ad una latenza. Tutto ciò comporta il coinvolgimento attivo dello spetta­tore che scopre le dimensioni, le linee di forza, gli scarti che segni e forme obliquamente suggeriscono in quanto alone di invisibilità presente.

In tal modo Calibé può tentare il meno probabile: porre nel corpo e nella carne della sua pittura due movimenti interni e trasversali; l’uno rettilineo, tendente all’ordine dell' eidos, l’altro circolare, esplosivo, nucleare, contraddittorio, improbabile come il moto delle comete, sospettato inverso a quello di tutti gli altri pianeti; assegnare al colore l’esplosione erotica dei caldi, ai freddi l’esplosio­ne degli spazi invisibili; capovolgere nel regime diurno le immagini e le figure del regime notturno; immergersi nel nero, che è massimo assorbimento della luce, nel bianco che è matrice ed assenza di ogni materia colorata; può ispessire sino ad essere pantagruelico divoratore di im-pasti, assotti­gliare e ridurre sino a preferire l’astinenza minimalista dei francescani; può indurre l’ebbrezza dio­nisiaca e l’ek-stasis apollinea.

Compie soprattutto il suo viaggio a Citera con i suoi ospiti, visitatori sospesi, compagni di avventu­ra.