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Marciano Arte augura buona Pasqua a tutti
Di Admin (del 28/03/2013 @ 00:00:01, in Auguri, linkato 2608 volte)
{autore=anonimo}


Scuola italiana del XVII secolo, "Crocifissione", olio su tela 47 x 39 cm

AUGURI DI BUONA PASQUA

Il dipinto proposto in immagine è stato acquistato in un asta diversi decenni orsono. E' corredato da una lettera dell'epoca che paragona questa con altre opere analoghe di Guido Reni. Di seguito la copia della lettera e a seguire la trascrizione leggibile della stessa:

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Acquistato da Roberto Negrini di via Fondazza: olio su tela 39x47 cm. Il dipinto è rintelato ai bordi, forse per guadagnare il massimo la tela. Proviene dall’asta ADMA dove era citato come “Maestro italiano del XVII secolo”. Porta dietro, sul telaio in alto, un sigillo di ceralacca di collezione (era protetto con trasparente), applicato – nel mezzo così sembra - nella carta vecchia, utilizzata per coprire il legno del telaio, e forse applicato al tempo della rintelatura. Il timbro è in parte rovinato: su quello che resta si potrebbe leggere le iniziali “M H” intrecciate. Il dipinto mostra la “Crocifissione”, con il Cristo in Croce e ai suoi piedi la Maddalena inginocchiata, e ai lati la Madonna e San Giovanni. Il tema è antico, ma in questa disposizione appare nel Seicento in raffigurazioni italiane e straniere. Di Scuola Italiana celebre è la raffigurazione di Guido Reni (1575 – 1642), meglio nota come “Crocefisso dei Cappuccini” (397 x 266 cm), ora nella Pinacoteca Nazionale di Bologna (vedi n°79 del Catalogo su G. R. dei Classici d’Arte Rizzoli): è datata al 1616. [Il Reni ha ripetuto il tema, senza la Maddalena (“Crocefisso fra la Madonna e San Giovanni”, n°133 Catalogo Rizzoli, e n°32 nel Catalogo Mostra su G. R. di Bologna 1954), con il solo Cristo in Croce, o la sola testa del Cristo, della Maddalena e di San Giovanni (vedi): la raffigurazione n°32 nel Catalogo su G. R. del 1954 è ritenuta, anziché una replica, un lavoro autonomo (vedi): inoltre, su questa iconografia, la Crocifissione è stata ripetuta in numerose immagini dal ’600 ad oggi]. Un’altra “Crocefissione” di Maestro seicentesco bolognese è quella del Guercino (Giovanni Battista Barbieri, 1591 – 1666) della Chiesa del SS Rosario di Cento (vedi n°19, “Omaggio al Guercino”, Pinacoteca Comunale di Cento, 1967. La raffigurazione è molto simile a quella del Reni: diversi, la disposizione di San Giovanni e gli atteggiamenti della Madonna e San Giovanni. Altre raffigurazioni di Scuola italiana del ‘600 (Carracci, del Reni, … ) della Crocefissione si discostano da quella.. Di Scuola italiana, una raffigurazione seicentesca che si avvicina a quella del Reni, è la “Crocefissione” del Louvre (vedi n°150 del Catalogo Grande su A. van Dyck dei Classici d’Arte Rizzoli) attribuita ad una collaborazione P. P. Rubens (1574 – 1640) e A. van Dyck (1599 – 1641): è datata agli anni 1616 – 1617. [Anche Rubens e van Dyck ripeterono la “Crocefissione” con iconografie diverse, totali o parziali, ed è noto che van Dyck copiò spesso i quadri di Rubens]. Entrando ora in merito a questo dipinto, si può anzitutto osservare come la Madonna e San Giovanni (la Maddalena si vede solo di schiena) abbiano uno sguardo più “dolce e mediterraneo” rispetto agli stessi personaggi dipinti dai pittori fiamminghi di cui sopra. Anche la figura del Cristo è più “nostrana” e non presenta “l’eleganza e la flessuosità” del Cristo dei fiamminghi, specie di van Dyck. A forme di Rubens – van Dyck potrebbero essere le mani intrecciate della Madonna (che si riscontrano nei dipinti di questi autori – vedi i Cataloghi) ma questo non è un elemento discriminatorio in quanto il San Giovanni della “Crocefissione” n°133 Catalogo Rizzoli del G. Reni ha pure le mani intrecciate, in un atteggiamento simile a quello assunto dalla Madonna in questo quadro. Queste preliminari considerazioni escluderebbero l’origine di un autore “d’oltralpe” per il dipinto in questione, e si accorderebbero con la stima del Catalogo di vendita (Maestro italiano del XVII secolo). Fra i pittori italiani del ’600 sopracitati (Reni, Guercino), le seguenti considerazioni propendono per il Reni o Scuola.

  1. La raffigurazione “manca” di quella “precisione ed eleganza” della “Crocefissione” del Guercino.
  2. Lo sguardo della Madonna e di San Giovanni si accordano con quelli dell’“Addolorata” (n° 79 Catalogo Rizzoli) e di “San Giovanni (Evangelista leggente)” (n°XXXII Catalogo Rizzoli) di Guido Reni.
  3. Il Cristo in Croce non ha la “luminosità” del Cristo in Croce nelle diverse raffigurazioni del Reni (n°193, 196 e 197 del Catalogo Rizzoli) ma ha tonalità brune e una luce fioca e sommersa, giocata sul contrasto dell’alone di fondo. Inoltre, il Cristo non è visto di fronte, come nelle raffigurazioni di cui sopra, ma di fianco, e assume pertanto una corposità che è assente nelle raffigurazioni di cui sopra, e meglio si accosta al Cristo della “Flagellazione” ((n°212 del Catalogo Rizzoli) e al Cristo “Crocefisso…” (XV dello stesso Catalogo).
  4. L’alone luminoso dietro la Croce e attorno al capo di Cristo si accorda con quello del “Crocefisso fra la Maddalena e San Giovanni” (n°133), il “Crocefisso” (n°193 e 197) e il “Crocefisso con i Santi Caterina d’Alessandria e Giulio (XV del Catalogo Rizzoli).
  5. Il craquelé, presente su tutta la tela, sottile e diffuso, è molto simile a quello presente nella tavola a colori LII, riproducente un particolare della “Circoncisione” (n°172 Catalogo Rizzoli) del Guido Reni.
  6. Il panneggio dei personaggi si accorda con quello di “Fanciulla con corona” (n°210 e tavola LXIV) e con quello del pastore che si copre gli occhi e la Madonna nella tavola a colori LX del particolare dell’”Adorazione dei Pastori” (n°201° Catalogo Rizzoli su Guido Reni). Anche i colori sono simili.
  7. A favore del Reni sta anche il fatto che il pittore eseguì nel suo ultimo periodo alcune opere, meglio note come “bozzi” (in quanto ritenute originariamente incomplete), perché eseguite con pennellata veloce e sommaria, così come è anche in questo dipinto. Esse sono riprodotte e descritte ai n°61, 62, 63, 64, 65, 66 del Catalogo della mostra del 1954, e inoltre ai n°212, 213, 214 del Catalogo Rizzoli. Alcune di esse (n°67, 213 e 214) furono dipinte per il conte Marcantonio Hercolani di Bologna (vedi n°213). Potrebbe allora essere anche questo dipinto un’opera di Guido Reni dipinta per lo stesso conte, ed essere le lettere “M H” intrecciate del timbro di ceralacca le iniziali del nome e cognome? La fattura rapida del dipinto, i tocchi magistrali di colore luminoso, i caldi bruni, il rapporto tonale tra figura e fondo, si accordano con le opere tarde del Reni. Pertanto un’attribuzione a Guido Reni o Scuola va approfondita.

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Rèni, Guido. - Pittore (Bologna 1575 - ivi 1642). Tra i maggiori artisti del tempo, molto apprezzato dai contemporanei, operò a Roma, a Napoli ma soprattutto nella sua città natale. Vicino al classicismo carraccesco seppe darne un'interpretazione personale e controllata, che al di là dello studio dei classici lascia intravedere un reale apprezzamento della corposità barocca, all'interno di una struttura elegante e rigorosa e di un altissimo uso del colore.

Vita e opere. Allievo del pittore fiammingo D. Calvaert (1585-94), entrò poi nell'Accademia dei Carracci. Nelle prime opere (Incoronazione della Vergine, Bologna, Pinacoteca Nazionale) si nota ancora l'insegnamento di Calvaert, insieme all'influsso di Annibale e Ludovico Carracci. Dopo un periodo di collaborazione con l'Accademia (Resurrezione, 1596-97, Bologna, S. Domenico), se ne allontanò ponendosi in aperto contrasto con L. Carracci e raggiungendo una rapida affermazione personale (affreschi in palazzo ex Zani, 1598; Madonna con s. Domenico e i misteri del Rosario, 1598-99, santuario di S. Luca; Assunzione, 1599-1600, Cento, parrocchiale). Nel 1601 fu chiamato a Roma dal card. P. E. Sfondrato, per eseguire dipinti in S. Cecilia (Martirio della santa e Incoronazione dei ss. Cecilia e Valeriano); rimase nella città con brevi interruzioni fino al 1614 (decorazione del chiostro di S. Michele in Bosco a Bologna, 1603-04), e vi tornò nel 1621 e nel 1627. Qui arricchì le proprie esperienze, fino a porsi in confronto con Caravaggio (Crocifissione di s. Pietro, 1604-05, Roma, Pinacoteca Vaticana; SS. Pietro e Paolo, Brera; David e Golia, Louvre): l'uso di soluzioni caravaggesche viene fuso ed equilibrato nello stile personale e idealizzante dell'artista.

Dal 1608 iniziò l'attività per la famiglia Borghese a Roma, per tramite del Cavalier d'Arpino (affreschi nella Sala delle nozze Aldobrandini e nella Sala delle Dame in Vaticano; S. Andrea condotto al martirio, 1609, S. Gregorio al Celio; dipinti nella cappella dell'Annunciata, 1609-10, palazzo del Quirinale; decorazione della cappella Paolina, 1610-12, S. Maria Maggiore; L'Aurora, 1613-14, casino di palazzo Rospigliosi), continuando nel frattempo ad assolvere commissioni bolognesi (Strage degli innocenti, 1610, Bologna, Pinacoteca Nazionale). A Bologna R. si affermò come il maggiore artista del tempo, dando un'interpretazione personale del classicismo carraccesco basata sullo studio di Raffaello, Correggio, Veronese e guardando a Rubens e alla scultura contemporanea, con opere caratterizzate dalla struttura elegante e serrata e dal magistrale uso del colore (S. Domenico in gloria, 1613-14, S. Domenico; Pietà per la chiesa dei Mendicanti e Crocifissione per la chiesa dei Cappuccini, ambedue nella Pinacoteca Nazionale; Assunzione, 1616-17, Genova, S. Ambrogio o chiesa del Gesù; Gesta di Ercole, 1617-21, Louvre). Dal terzo decennio R. introdusse nei suoi dipinti l'uso di una luce argentea e di toni chiari e preziosi (Annunciazione e Consegna delle chiavi, 1620-26, Fano, S. Pietro in Valle; Trinità, 1625, Roma, Ss. Trinità dei Pellegrini). Per tramite del card. B. Spada eseguì il Ratto di Elena (1629, Louvre) per Maria de' Medici; del 1631 è la Pala della peste (Bologna, Pinacoteca Nazionale) e del 1635-36 il S. Michele Arcangelo in S. Maria della Concezione a Roma. Le ultime opere presentano una pennellata libera e sfaldata e un aspetto abbozzato, solo in parte dovuto a un'effettiva assenza di finitura causata dalla morte dell'artista (Madonna con Bambino e s. Giovannino, Firenze, coll. R. Longhi; Cleopatra, Roma, Pinacoteca Capitolina).

(fonte: treccani.it)