Pubblicata in data 15 Novembre 2005

Eduardo Dalbono

Eduardo Dalbono. (Napoli, 1841 - 1915). Nipote di Cesare Dalbono, critico d’arte e figlio di Tito, scrittore e della poetessa Virginia Garelli, fu educato e visse in un ambiente artistico. I primi elementi del disegno li apprese nel 1850 in occasione di un viaggio effettuato a Roma in compagnia del padre, dall’incisore Augusto Marchetti e dal Consonni; a Napoli ebbe come maestri il d’Elia, il Mancinelli e Nicola Palizzi. Esordì all’ultima Mostra borbonica del 1859 e fu premiato con medaglia d’argento di seconda classe. Con sempre maggiore frequenza lo si vide intento a schizzare motivi di vecchie architetture e piccoli mercatini; o sulla spiaggia di Mergellina con le barche dai colori sgargianti sullo sfondo diafano di Sorrento e di Capri; o fra gli scorci del Granatello o nelle campagne o lungo la marina di Torre del Greco. Annotava con rapidi segni e parole indecifrabili gli effetti cromatici, fissando ciò che egli chiamava “l’attimo fuggente”. Pertinente alle ragioni del sogno più che al mondo della realtà, Dalbono oltrepassò i confini di un’arte soggiogata da opposte tendenze. Attratto dalle fate del mare nel fantasioso regno della Poesia. Nel 1860 aderì al movimento della Repubblica di Portici e sono di questo periodo parecchi studi eseguiti alla maniera dei macchiaioli. In questi anni ebbe parecchie commissioni. Dei quadri furono acquistati anche dal re Vittorio Emanuele II e destinati alle Gallerie di Capodimonte. Nel 1866 partecipa ad un concorso per un soggetto storico e presenta il bozzetto per Re Manfredi scomunicato, l’opera fu apprezzata da Domenico Morelli che però ne sconsigliò l’esecuzione non ritenendo l’artista all’altezza dell’esecuzione del dipinto, l’anno successivo il principe Colonna commissionò l’esecuzione del quadro che fu presentato alla Promotrice e alla Prima Mostra italiana, a Parma nel 1870 ove concorse con opere di Saverio Altamura e Marinelli aggiudicandosi la grande medaglia d’oro. Il Dalbono intriso di cultura letteraria, musicale ed amante del folklore partenopeo nel 1871 eseguì La leggenda delle sirene, originale interpretazione del mito di Partenope, che nata come idea per l’illustrazione di una grossa pianta di Napoli, commissionata dal Comune e peraltro mai eseguita, fu esposta alla Promotrice, ebbe un notevole successo, fu riprodotta in incisione all’acquaforte e data in dono ai soci; fu esposto a Milano nel 1872 ed a Vienna l’anno successivo ove si aggiudicò la medaglia di bronzo, il dipinto fu più volte replicato dall’artista. Nel 1878 il Dalbono, tramite Giuseppe De Nittis, conobbe il mercante d’arte parigino Goupil che rimasto favorevolmente impressionato dalle sue opere gli propose un contratto in esclusiva che lo terrà legato alla casa francese per circa nove anni. L’artista, ingegno versatile, amava dipingere sia ad olio che ad acquerello, eseguì decorazioni in dimore private come casa Pignatelli, palazzo Siringano, Villa Rendel a Posillipo ed in altri edifici pubblici, collaborò con varie case editrici illustrando parecchie pubblicazioni; fu membro dell’Accademia pontaniana, della Reale Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti, fu insignito dell’ordine di cavaliere della Corona d’Italia e dei SS. Maurizio e Lazzaro. Una parte non esigua della produzione dalboniana venne tuttavia alla luce solo alla morte dell’artista: moltissimi studi di paesaggio, deliziose tavolette, disegni annotati a margine, che confermano nel loro autore un osservatore amoroso, acuto e delicato del vero, e un compositore fantastico di scene popolaresche, immalinconito dalla graduale scomparsa della vecchia Napoli, che era stata il suo mondo pittorico, sopraffatto dalla civiltà. Salvatore Di Giacomo lo notava come “l’artefice incantevole e raro della più meravigliosa finzione, poeta sensibile e pittore di razza, squisito raccontatore dell’eterna favola dell’arte”. (Pittori a Napoli nell'Ottocento)

dettagli»