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Autore:

RUOTOLO ERRICO

N - M:

Napoli, 1939 - 2008

Titolo:

La vedova

Tecnica:

Olio su tela

Anno:

1978

Misure:

80 x 100 cm

Note descrittive: Renata Caragliano: Scheda sull’autore. 1984. Errico Ruotolo è nato a Napoli nel 1939. Conseguito il diploma di maturità artistica nel 1958, frequenta e completa gli studi del corso di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, nel 1962. È già neI ‘61, in un articolo di Lea Vergine sulle giovani presenze nel campo artistico a Napoli, che conosciamo Ruotolo. La sua pittura, agli esordi, risente di un figurativo surrealisteggiante dove la ripresa della realtà assume valore emblematico tanto da divenire qualcosa d’oltre: “una possibilità di racconto in termini di colore, una successione di presenze luminose”. Nascono le opere di natura informale: Note di viaggio, gli Interni e le Cadute; oggetti dipinti e quadri, in cui la gestualità e l’esperienza sui materiali, il legno in questa prima ricerca, rappresenteranno il campo d’azione di questi anni. Tra il 1968-70 questa fase sperimentale prosegue; i lavori sono eseguiti con l’assemblage di altri materiali: la carta disegnata e ritagliata, il vento, la luce artificiale e il plexiglas. Non è più presente la materia pittorica informale, ma permangono le immagini di figure o ritratti, realizzate con il mezzo del traforo, con le ombre e i riflessi della luce. Questo l’ultimo lavoro realizzato da Errico Ruotolo nell’ambito delle sue ricerche oggettuali e partecipative, da parte del fruitore. Questi “oggetti inutili” (dal punto di vista funzionale) come ama chiamarli lo stesso artista, si inseriscono nel rapporto esistente tra arte e industria, collocandosi in quella pur vasta e forse più culturalmente impegnata zona, del prodotto artigianale. È del 1971 il Sogno, machine à penser, composta di vari elementi: c’è un grande occhio in plexiglas, sospeso alle pareti da fili che si intrecciano, nel quale rivive la sequenza di fotogrammi di una “carica” di un film western, in cui gli idoli di una volta si innestano in quelli del presente. Ruotolo conduce, in questa sua opera-oggetto, un sottile gioco di ricerca sull’origine dimenticata, che ritorna nei sogno dell’adulto irrimediabilmente contaminata dalla condizione esistenziale dell’ “Uomo-computer”. Agli inizi degli anni Settanta nell’opera di Ruotolo si inserisce un altro elemento: la scrittura. Infatti, in questo periodo, le opere sono caratterizzate dalle “cancellazioni” (‘72), riscrittura di giornali e annotazioni rapide. Dal 1975, il suo lavoro, comincia ad essere caratterizzato da un impegno culturale e ideologico preciso. Si occupa della posizione dell’artista e dell’arte nella realtà sociale, atterrita dalla violenza e dalla paura. La sua è una confessione di impotenza, servendosi di mezzi espressivi di straordinaria efficacia: la cera, che colando dalla candela, si arresta sulla tela smaltata di nero. Dà luogo, così, a delle figurazioni, che richiamando un pò lo spirito baconiano dell’uomo braccato, si traducono poi in superfici monocrome riflettenti, quasi in un incontro (la cera nera)-scontro (smalto nero) di due realtà negative, in cui la morte non aleggia ma è “dentro”. Nel 1976 fa parte del gruppo A/Social che svolge un’operazione nell’Ospedale Psichiatrico del “Frullone”, a Napoli, con la realizzazione di un film (1 ora) e lo svolgimento di alcune “azioni” nel cortile dell’ospedale. Attività, questa, di intervento nel sociale, che verrà riproposta alla Biennale, nello stesso anno. Dopo questa esperienza collettiva riduce l’attività per altri impegni il “nuovo corso” della pittura di Ruotolo, lo vede, dal ‘78, realizzare una serie di opere sul tema “L’uomo e la macchina”. A questo punto, sia l’esperienza politica che quella manuale-sperimentale, maturate precedentemente, ritornano, ma ulteriormente raffinate e facenti parte, ormai, del proprio bagaglio culturale e poetico. Ecco che nascono i primi “identikit” e un quadro dal titolo Foresta meccanica; quest’ultimo verrà ripreso e riproposto nel 1984. L’ultima produzione artistica di Ruotolo, tenendo presente che ha sempre evitato di rinchiudersi in uno stile ripetitivo, in questo “viaggio” di creatività di quasi trenta anni, procede mediante questa testimonianza personale di libertà permanente. In questo modo, le componenti segni che, gestuali e coloristiche, si ritrovano e riesplodono insieme, in un unico filo conduttore che lo contraddistingue.

Atre opere: